...il vento, le onde e le montagne, sono sempre dalla parte dei navigatori e scalatori più abili.



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DUE VOLI AL GIORNO...

 

Primi decolli dal Monte Orno

 

Primi atterraggi a Barco

 

L'Icarus 200

 

Vista in volo del Monte Orno che sovrasta Pergine
 


La Panarotta con la Valsugana
 



 




Atterraggio al Cirè

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'entusiasmo di volare

Concentrazione alla partenza dell'OrnoCon una sottodimensionata ala "Rogallo" i miei voli avevano una durata di un quarto d'ora e la voglia di volare era tanta. La soluzione era di fare un volo a mezzogiorno e uno alla sera. Non dico tutti i giorni ma quasi. Era un sistema che ben presto mi fece acquisire una certa padronanza del mezzo. Dai voli dalla Panarotta a Barco, passai a quelli dal Monte Orno a casa che, da un punto di vista logistico era ideale: l'atterraggio distava da casa mia due minuti a piedi. A mezzogiorno salivo ai "Compi" , breve discesa a piedi nel bosco; il decollo era da una roccia e pertanto era possibile con ogni direzione di vento;  in fase di atterraggio con un breve richiamo mi facevo sentire, intendendo: butta la pasta che in dieci minuti arrivo. La macchina veniva recuperata alla sera dagli amici che mi accompagnavano a nuovo volo con la propria. Il decollo dall'Orno era splendido, sembrava un poggiolo con 900m di dislivello sul paese di Pergine, il panorama e l'azione sportiva valeva un'ora del nostro tempo.  In quegli anni il volo con l'aquilone era una novità e tanti accorrevano ad informarsi come funziona e forse anche per vedere come andava a finire. Ben presto sentii l'esigenza di fare il salto di qualità e comprai l'IKARUS 500. iK 500

Cominciai veramente a volare, per la prima volta provai l'emozione di salire anzichè continuare a scendere, veleggiavo fino a stancarmi. Quella volta partii dall'Orno con buon vento, cominciai a prendere quota appena fuori, ben presto il decollo era sotto di me, verso la sommità del bosco faceva capolino la Cima Panarotta, il vento caldo mi portava sempre più in alto, ammiravo i conosciuti luoghi da un'altra angolazione, avrei avuto voglia di gridare la mia gioia. Quel giorno le condizioni erano così favorevoli che feci fatica anche a scendere nonostante volassi con un "ferro" (paragonandolo ai Delta successivi). Però con questo stupendo  e robusto "ferro" mi divertii molto. Ben presto l'Orno divenne un ricordo, i voli per casa iniziavano dalla Panarotta sia dal versante nord che da sud. Cominciava a formarsi un piccolo gruppo di volatori, a volte ci si aggregava alle "Ali azzurre" di Rovereto ben più numerosi. Il volo dal Monte Stivo era organizzato da loro, dovevamo atterrare ad Arco; Maurizio volava sempre seduto con il suo "ferro da stiro" e, con Fabio, lo tenevo d'occhio; la nostra quota ci garantiva l'arrivo nella zona prevista. Ad un certo punto era evidente che Maurizio non sarebbe arrivato; manteneva la nostra velocità ma calava molto. Fino all'ultimo ha tenuto la direzione , poi si è trovato sotto i piedi le fondamenta di una casa ed è atterrato dentro...Venne il periodo del "Brione" fra Riva del Garda e Torbole. Il vento (l'Ora) iniziava verso mezzogiorno, il volo era in "dinamica": per partire tre persone tenevano il delta, a comando del pilota due mollavano l'estremità delle ali, il terzo teneva la punta bassa e mollava mentre il pilota si buttava nel "trapezio". L'aquilone saliva senza che avessi fatto un passo. Si poteva volare fino a che cedeva l'Ora. Maurizio volle fare il record di otto ore e ci riuscì. Passava radente controvento e noi gli lanciavamo i panini e le bibite.
Invece con Claudio era sempre una commedia: aveva un "Ministinger" sottodimensionato e pericoloso...non so per quale motivo, in fase di montaggio necessitava sempre di un bastone o d'un ramo ed erano "litanie" ogni volta. Un giorno volavamo verso l'atterraggio di casa mia, era troppo basso per tornare indietro ed atterrare a Zivignago... tenne duro; mia moglie era in cucina e lo vide passare davanti alle finestre, con un colpo di reni riuscì a scavalcare i fili della corrente elettrica ma trovandosi poi fermo in aria, precipitò subito dopo. I tre tubi in punta si spezzarono, visto dall'alto, anzichè un aquilone sembrava un berretto con la visiera. Ovviamente Claudio era incolume.

 


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