La montagna degli alpinisti Tridentini.
Tutti noi si andava ad arrampicare
agevolati dalla
funivia
che ardita con un solo balzo di circa 1800m. ci portava in
vetta alla "Roda"2125 metri. Scendevamo il "Canalon Battisti" e in poco tempo si raggiungeva
agevolmente l'attacco
delle numerose vie di arrampicata. Per quanto mi riguarda la "Maestri"(la
Direttissima) è la più bella che ho fatto su quella parete. Non
disdegnavo la "normale", quando ero senza compagni la
salivo con qualsiasi appassionato e rientravo felice di essere
andato lassù. Per il Gruppo Rocciatori di Pergine é stata una delle
prime salite effettuate da tutto il gruppo.
Vi sono altri itinerari su roccia: al Vettorato e agli "Spaloti di Fai". Pareti satellite,
con
arrampicate più corte ma non meno impegnative.
Via Cestari di sx
Si svolge dx della "Superdirettissima" effettuata con il giovane
Marco Furlani, anch'esso reduce da una caduta, nei passaggi chiave,
questo ricordo gli "tirava"
brutti scherzi.
Via Diretta
La "Via diretta", è una super classica che a quei tempi abbiamo fatto
tutti. Molto bella e sicura.
La prima volta la salii con il "Guli" nel novembre del 70. Dopo una
prima salita facile alle Torri del Sella, si era entusiasmato:
"se
il V° lo faccio là, lo posso fare anche qua". Il cielo era completamente
coperto. A Lavis prendiamo la funivia, dopo una certa quota si apre
l'azzurro e sotto di noi un mare di nubi.
Nello zaino avevo mezzo
limone, "tanto facciamo presto". Dopo i primi tiri, Guli comincia a "sentire"
gli avambracci. Io ero in "sovra potenza" e sicuro di poterlo tirare
su a braccia. Giunto al "mugo", lo vedo bene, lo tiro di forza, arriva
al penultimo rinvio e mi dice: "no ghe la fao a daverzer el moscheton".
Lì ho fatto qualche
pensierino...La progressione lenta, il calore solare, (50
gradi)l'esposizione della via e lo sforzo, tutti fattori che gli hanno
influito. Dopo lunga sosta all'ombra della nicchia prima
dell'ultimo tiro, siamo
usciti. Io avevo la
gola gonfia ma ero contento, è stato bello. Lui ha riprovato in Sella e
dopo una scarica di
sassi ha capito che quello
non era uno sport per lui.
Ma questa é un'altra storia.
Via Direttissima
La
"Direttissima via Mestri"
a
me è piaciuta molto e mi ha dato soddisfazione. Verso gli ultimi tiri,
siamo stati colti da un pauroso temporale. Ricordo di aver superato
l'ultimo tetto e stavo in ancoraggio su staffe, le corde penzolavano nel
vuoto passando in mezzo alle mie gambe, per poi perdersi nella nebbia del
cumulo temporalesco. Un forte campo magnetico mi dava l'impressione di
avere il
viso
pieno di ragnatele, i tuoni non si sentivano ma invece udivo il rumore di
continue scariche elettriche! Per recuperare Claudio alzavo e abbassavo le
braccia col solito movimento con il quale si azionano le corde per il
recupero, pertanto ogni volta che portavo le braccia in alto, si
riempivano le maniche di acqua, che poi usciva da qualche parte. Le corde,
trascinate dal vento, svolazzando nel vuoto provocavano ulteriore
tensione, sia a me che all'ancoraggio. Pensieri sinistri di corde
impigliate in non so' quali anfratti rocciosi, mi suggerivano di ritirarle
al più presto e legarle a qualche rinvio. Il vento e il frastuono del
temporale ci impediva di comunicare tra di noi, anche se i metri di corde
recuperate lo indicavano appena sotto lo strapiombo, e non mi spiegavo
come mai questo Claudio rimanesse li bloccato. I motivi potevano
essere pochi, più passava il tempo più l'ansia saliva. Ovviamente non
erano ore, ma dieci minuti in quelle condizioni, che non sai che fa, in un
posto sicuro, ti cresce il nervoso e sembrano un'eternità a un tiro
dalla cima. Finalmente le corde si
alleggeriscono e ricomincio a recuperarlo. Il temporale è meno forte,
tutto ricomincia a funzionare bene, lui arriva un po' incavolato (ma
asciutto) per la difficoltà incontrata ad: attaccare a un chiodo il
quadrifoglio di plastica che si era portato da casa.
Via Loss al Dain
Eravamo due cordate:
Giorgio Cantaloni - Marcello Rossi, Marco Furlani e me.
La via a parte il primo diedro, non presentava problemi, (Infatti
Marcello in quel tiro ci ha fatto "sicura" a tutti) ben
chiodata, bella aerea e sicura. Al tiro finale mi sono trovato
ultimo
a dover recuperare le staffe di tutti, lasciate per facilitare
l'ascesa dei successivi, tanto era l'ultimo tiro. Pensavo alla mia
mozzarella nel
sacchetto pieno d'acqua. Arrivato in vetta,
la mia mozzarella era sparita, Marco sempre inconsapevole dei
misfatti se l'era fatta sua buttando l'acqua, perché tanto io gli
avevo detto che con il bere
ero a posto. Beh! E' stato bello comunque e alla Roda di Ciàmpié, a
Marco, ho ripreso il "maltolto"...
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Percorrendo il sentiero che scende alla base delle vie di salita, si nota
questo tipo di conformazione geologica. Sono presenti numerose cavità e
grotte (adatte ad attività speleologica) che evidenziano manifestazioni di carsificazione, dovuta alla solubilità del calcare.
Gli "Spalotti" scendendo per il "Battisti" sono anch'essi di facile
accesso.
SPALOTI DI FAI
PAGANELLA
- Aurora la via del destino
Terminata la "Naia" ove trascorsi diversi periodi arrampicando,
prima come allievo poi come istruttore, mi sentivo forte e sicuro ma purtroppo anche molto attaccante sui passaggi difficili. Insieme a
Patrizio, appena uscito dal corso ai Bindesi, andammo a fare
l'Aurora agli Spaloti. Dopo alcuni tiri, proseguii
mantenendomi a sx di un piccolo strapiombo, che stava alla base di un ampio
camino. Effettuai l'ancoraggio e proseguii obliquando a dx, portandomi all'interno
di esso, fino ad una placca di 6°- punto
chiave della salita. Bastavano 2cm. per
il minuscolo appiglio, forzai il passaggio allungandomi troppo. La
punta dello scarpone perse l'appoggio, precipitai lungo il camino,
sbattendo da un lato all'altro, sentii uscire il chiodo "morale"
messo nel camino. L'inconscio smise di attendere il "tiro"
della corda e la speranza di vivere. Ricordo un forte colpo al fondoschiena e poi il vuoto.
Svenni. Mi svegliai, penzolavo nel vuoto all'altezza del
breve incavo strapiombante. L'ancoraggio ora, sopra di me, aveva tenuto
25/30m. di volo. Da un occhio non vedevo. Toccavo con le mani il
viso insanguinato ma non avevo tatto per capire l'entità della
ferita. Tirando la pelle del viso capii di non aver perso l'occhio.
Non avevo altre perdite di sangue. Rassicurai il mio compagno e pendolai
verso la parete, fino a trovare buoni appigli. Scoprii subito che le
gambe non tenevano. La corda di colpo in tensione, provocò un colpo
di frusta agli arti inferiori, due dita del piede sx sbattendo sulla
roccia si lussarono. Nello schianto, il bordo del casco mi
riparò il viso, la sopraciglia sx fu tagliata di netto da una
sporgenza rocciosa che non arrivò all'osso frontale. Nella caduta, il
ginocchio dx subì una lesione ai legamenti e una vertebra tenne
duro. Le mani erano forti, non mollai la presa, trovai subito una
grossa "clesidra" dove infilai le due corde...Ero salvo. "Carrucolai"
il compagno alla sosta. Nel vedermi si impressionò, dalla funivia ci
avevano gia notati, chiamai
i soccorsi come il ferito fosse lui. Si mise in moto la solidarietà
alpinistica che conosciamo. Intanto mi allestii un imbrago da lenire
il mal di schiena e ci calammo a base parete. Mi portarono a spalla
poi giunse una barella, portata a piedi dai laghi di Lamar. Fermata
la funivia oltre la verticale di un crinale roccioso, frenando prima
il pendolo, poi mi issarono all'interno attraverso la botola. Di
alcuni di questi compagni soccorritori non seppi più nulla e li
ringrazio. Dico compagni perché per loro avrei fatto anch'io tutto il
possibile. Ricominciai ad andare in montagna. Non mi fidavo più
delle mani. Insistendo ricominciai ad arrampicare ma non da primo,
tranne le volte che ne ero obbligato o con tanti chiodi. Impiegai 20
anni per riuscire a sentirmi sicuro e provare la
gioia dell'arrampicata libera con la corda a penzoloni.
Nel 1975 decisi di organizzare a Pergine il Soccorso Alpino, dandone
notizia alla stampa. A qualcuno gli venne un colpo... mi telefonarono
subito dicendomi di desistere. E' così che nacque:
il Gruppo Rocciatori
di Pergine.
IL VOLO IN PAGANELLA
La
Paganella, anche per i deltaplanisti è stata un
emozionante punto di
decollo, per grandi e magnifici voli, atterrando lungo la sottostante
valle dell'Adige.
Aprivamo un finestrino della funivia per infilarvi, fino a quattro
aquiloni e poi su.
Dolomiti di
Brenta
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