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Bepi Hoffer
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CRESTA DEL
LEONE |
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di Bepi Hoffer |
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L'anno dopo vennero anche
altri due amici. Ci ritrovammo al bivacco Carrel
e partimmo per la vetta il giorno in cui venne stabilito il record di
salita e discesa: 4 ore e 16 minuti!
La salita era rallentata da qualcuno,
gli altri tre erano più veloci e molto motivati.
Ci saremmo incontrati per scendere insieme.
Le previsioni erano ottime, la visione di
questa cresta che separava
il versante Svizzero tutto sereno e spazzato dal vento fresco proveniente da
nord, lo spettacolare panorama di altre cime, infondeva calore ed
entusiasmo. Il versante sud della parete, cioè quello Italiano,
era coperto
da un cumulo umile orografico che spesso si forma nelle immediate vicinanze
dei rilievi. Con il passare del tempo e l'aumentare della differenza termica
tra la temperatura dell'aria in quota e il crescente calore provocato sulla
parete sottostante, lo trasformò in cumulo mediocre orografico. (La
formazione di tali cumuli durante le giornate di bel tempo è favorita
dall'umidità della zona dove essi si originano, dal rilievo della
stessa e dalla sua
capacità di assorbire il calore del sole). Il cumulo,
raggiunta la cresta, venne letteralmente spazzato a sud dal vento in quota
creando uno scenario bellissimo e inquietante. La mia decisione di rientrare
avveniva quasi di colpo. Informare
gli altri del nostro
rientro era impossibile a causa del vento. Passando dalla
Carrel
ci informarono che le previsioni non erano più quelle positive comunicateci
al mattino.
Da subito il mio pensiero era rivolto al resto del gruppo
che aveva deciso di proseguire verso la cima.
Erano esperti e questo mi tranquillizzava, (ovviamente fino a un certo punto, in
quanto il Cervino in brutte condizioni, mette in difficoltà chiunque) ma fino alla Carrel sarebbero arrivati. Poi, se fosse stato necessario, con il bel tempo
sarei risalito per dar loro una mano a scendere. |
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Appena dopo il Pic Tindal, che avevano sceso
arrampicando, giunsero
alla "cravatta", (tratto ghiacciato relativamente
meno pendente, pertanto ingannevole per chi esce da una seppur facile ma esposta
arrampicata) e la percorsero senza ramponi, in quanto coperta da sottile patina di
candida neve, neve a lui molto familiare. Gadler invece aveva
scelto di scendere per un canalino ghiacciato collegato alla
"cravatta", con piccozza e ramponi in quanto si sentiva più sicuro, e
così Lorenzo trovò il tempo di rilassarsi parlando con lui nella breve attesa
del suo arrivo.
Quel momento di scarsa concentrazione
gli è stato fatale: accortosi del pericolo si irrigidì e i piedi gli
slittarono facendolo cadere improvvisamente e pesantemente sul torace. Per tre volte colpì
invano il ghiaccio con la punta della
piccozza. Lorenzo
ragazzo diciannovenne, pieno di tante qualità e amato da tutti,
scivolava così dalla ovest del Cervino.
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