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Franco
Gadotti di anni 21 arrampicava dall'età di 15. E' caduto dal Campanile
Pradidali nel Luglio 76.
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Campanile
Pradidali: un pilastro di roccia grigia che si perde nella
nebbia. Acqua che cola da una parete. Ghiaia che rotola sotto ì piedi.
E l'angoscia di due genitori saliti fin quassù alla ricerca disperata
di un perché. Un vento gelido e impietoso scava incessantemente nei
meandri della montagna, incurante dei sentimenti umani. Un canale, un
grande buco gocciolante: troviamo un telo impermeabile, un fazzoletto
fradicio Qualche metro sopra, un chiodo, listato di giallo. Con le mani
intirizzite raggiungiamo un terrazzino, venti metri sopra il buco.
Cerchiamo con lo sguardo tra i sassi e troviamo un orologio. Il
quadrante è verde e un po' schiacciato. Il mecanisimo immobile.
Leggiamo le quattro meno dieci. La data è ferma sul giorno 20.
Franco
teneva caro il suo orologio, sempre preciso. Anche se il tempo non ha
molla importanza in montagna. Il tempo si misura solo in pianura a
ritmare una vita talvolta grigia, spesso inutile. La montagna al
contrario offre un'altra dimensione al tempo.
Una
vita senza ideali può essere peggio della morte. Per questo Franco se
ne va in montagna. La scopre, la analizza, ne percorre i sentieri, ne
saggia le difficoltà, lotta per dominarla, gusta il sapore della
conquista.
E nella lotta affina la sua sensibilità, riscopre la vita.
L'alpinista.
Questo strano essere che lotta per qualcosa che l'umanità ritiene per
lo più inutile. Forse si nasce alpinisti. Forse sono le prime
passeggiate nell'infanzia a far nascere questo ìncontenibile bisogno di
un contatto forte con la natura.
Franco
scopre la passione per le arrampicate. Ha 15 anni. Se ne va in Paganella,
primo amore per ogni trentino. Sono le prime incerte carezze
sull'appiglio ancora sconosciuto, su una parete di calcare chiaro dal
volto ancora inquietante. Crolla la _bariera dell'ignoto. E si apre la
porta verso un nuovo universo fino ad ora proibito, tutto da esplorare,
tutto da vivere.
Torre
di Brenta, Torri del Vaiolet: prime fughe nel pallido mondo delle
Dolomiti. Scopre il Campanil Basso, ripete il capolavoro di Preuss e
sullo stesso slancio si attacca alla grande parete del Crozzon,
guadagnandone la cima. Lassù, nell'aria ormai satura di elettricità
per un temporale imminente, agguanta il compagno che se ne parte
tranquillo verso la Tosa, i capelli irti in testa come un istrice: «Dov'è
che vai pellegrino! » e lo convince a passare la notte nel bivacco
Castiglioni.
A
16 anni se ne torna in Paganella, riesce a scovare un angolo di parete
ancora libero da itinerari e lì apre la sua prima via nuova. Non è
tanto la tecnica acquisita con l'esperienza, quanto uno stile istintivo
che lo porta a percorrere la parete con movimenti leggeri e sicuri. Uno
stile che lo porta ben presto ai suoi primi incontri con
le grandi difficoltà.
Dalle prime vie dure sul Piz Ciavazes al ritorno al Crozzon lungo
la via delle Guide e il gran diedro Aste. Dalle grandi placche del Pizzo
Badile ai rossi pilastri del Mont Blanc du Tacul. Stringe ami . ci . z.
a con Mario Zandonella. Mario il « mite », il silenzioso, il solitario
vincitore di tante terribili paretì. E con lui vive la sua prima
stagione « di fuoco », strappando una serie di salite dure e
meravigliose dal mondo dei desideri per riportarle nel mondo della realtà
vissuta. Poi la sua prima esperienza con l’arrampicata solitaria,
fino ad ora ignorata e addirittura condannata.
« Il solitario è tranquillo con se stesso, dorme la notte
precedente la salita, è sicuro di arrivare in cima e la sua
arrampicata, mancando dei passaggi azzardati e goffi che talvolta si
fanno in cordata, risulta elegante e oltremodo gratificante e sicura. Il
solitario ama
la vita più degli altri, Proprio perché
essa gli serba esperienze più belle, più profonde, più complete».
Sono
considerazioni messe a fuoco dopo un nuovo tipo di esperienza
alpinistica che ha voluto inaugurare sul più bel monumento all'alpinista
solitario: la parete Preuss al Campanil Basso, Presanella, parete est.
E' l'inverno 1974-75. Un tentativo disperato, come disperata è la
levigatezza dei lastroni di granito e la neve che blocca le fessure e il
freddo che indurisce i movimenti. Un bivacco penoso, chiodi impossibili,
slavine. Il ritorno si' rende necessario. Andrà meglio al secondo colpo
e il tramonto sulla vetta, dopo tre gi . orni di lotta, sarà
indimenticabile. I suoi amici, la sua ragazza vicino, e l'Adamello, nero
in un cielo infuocato; i segni della gioia in un viso tirato dalla
fatica dopo la sua prima grande invernale. Il « mite », che fa parte
della cordata, è commosso: « £ la prima invernale che faccio, ma non
ne farò più di così belle!».
La sua caparbietà nel conseguire affermazioni alpnistiche è la stessa
che lo porta a ottenere solidi risultati nel campo dello studio.
Terminato il liceo scientifico si iscrive alla facoltà di medicina.
Tanto deve alla montagna, tanto deve allo studio. E non ci sono
domeniche che tengano. Bloccandosi in casa anche col tempo più
splendido, porta avanti la sua battaglia per lo studio con la stessa
grinta e gli stessi risultati che consegue sulle pareti. C'è una cosa
che lo preoccupa ed è la sua futura professione. Ciò che più teme è
il pericolo di diventare un tecnocrate arido e cinico in un mondo che ha
sempre più bisogno di altruismo e di umanità.
A periodi di studio instancabile alterna periodi di attività
alpinistica sempre più intensa, talvolta accanita, come se la montagna
dovesse sfuggirgli di mano. A un anno di distanza dalla Presanella
programma la sua seconda invernale. A il dicembre 1975. L'avventura dura
quattro giorni, lungo la via Gilberli alla Busazza. Ma non è
soddisfatto, sente dì non aver « dominato » la sua parete, si è
sentito un po' trascinato. Prima che sopraggiunga la primavera se ne va
perciò al Croz dell'Altissimo, stavolta ben allenato, e porta a termine
una salita forse minore in quanto a prestigio, ma più autentica e più
corrispondente alla propria etica alpinistica.
« L'impossibile esiste ancora. Basta avere l'intelligenza di
riscoprirlo e la modestia di ammetterlo. Occorre soprattutto accettare
quei principi etici che, senza troppo comprimere la libertà, appaiono
necessari ai fini dell'evoluzione dell'alpinismo e della sua stessa
sopravvivenza ». Sente la necessità di una assoluta onestà di mezzi
perché la grande prestazione alpinistica possa essere considerata tale.
E il suo modo di andare in montagna si è sempre uniformato a questi
principi.
L'inizio di stagione 1976, caratterizzalo dal bel tempo, lo vede
lanciato in una attività frenetica dal Brenta, alla Scotoni, al
Civetta. Poi si regala una pausa. Va al mare, gira in canotto, si
distrae con altri panorami.
Al ritorno dal mare si porta con la sua ragazza al rifugio Rosetta,
sulle Pale di S. Martino. Un gruppo di montagne un po' dimenticato. Un
gruppo dalle pareti tranquille. Sale il Dente del Cimone e l'indomani il
Campanile Pradidali, lungo la normale.
È
il 20 dì luglio. Portata a termine la discesa, traversa la base dei
campanile fin sotto lo spigolo Del Vecchio. Sono le tre mezza del
pomeriggio. La roccia, grigia compatta, invita. E a 21 anni non si
rifiuta mai un invito come questo. Franco si alza leggero, lo stile è
sciolto. La linea dello spigolo è elegante, l'appiglio sano. Un paio
d'ore, forse meno. La discesa è ormai nota. I torrioni della Cima Val
di Roda guardano immobili.
Non
chiedere perché un fiore sboccia o un frutto si stacca dalla pianta. La
vita è come una montagna. Un castello di pietre impenetrabili alle
quali solo la nostra lotta da una ragione di essere. E più dura è la
lotta e più grande è la montagna. Più lungo è il bivacco e più
bella è la cima.
Marcello Rossi
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L'attività
alpinistica di Franco Gadotti
Elenco delle principali ascensioni effettuate i dal 1972 al 1976.
MONTE
BIANCO
Mont
Blanc du Tacul: pilastro Gervasutti; Mont Maudit: via Burgener-Kuffner;
Monte Bianco, versante Brenva: via Mayor; Aiguille d'Argentiere: parete
nord.
GRUPPO
MASINO E BREGAGLIA
Pizzo
Badile: parete nord-est, via Cassin.
CIMA PRESANELLA
Scivolo
nord; Parete est, via Detassis: I' solitaria con variante nuova; Parete
est, via Detassis: I' invernale (4-5-6 gennaio 1975),
GRUPPO
Di BRENTA
Brenta
Alta: spigolo Gogna, V ripetizione; parete nord-est, via Detassis (nuova
variante di attacco fino alla grande cengia); diedro Oggioni.
Crozzon:
via delle Guide; via Steinkótter e C., l' ripetizione; diedro
Aste-Navasa; pilastro dei Francesi.
Campanil
Basso: via Preuss, solitaria; spigolo Fox, invernale; via Graffer allo
Spallone.
Cima
Ambiez: via Fox-Stenico; via della Concordia.
Croz
dell'Altissimo: via Armani-Feclrizzi; via Dibona, solitaria; via
Detassis. solitaria; via Dibona con variante Steger, I' invernale (
18-19 marzo 1976).
Punta M. Luisa: via Mariacandida, via nuova.
Cima Brenta pilastro sud:via Martina, via
nuova.
Cima Tosa: parete
ovest, via nuova.
PAGANELLA
Parete
est: direttissima Maestri.
PREALPI TRENTINE - Val del Sarca
Piccolo Dain: via Loss;
Canna d'organo - via Detassis; via nuova a sinistra gran diedro Maestri.
Monte Casale: via nuova
diretta, solitaria 1200 m, ore 4.30, V); via nuova al gran pli
lastro di destra.
Monte Brento: via degli
Amici, via nuova (11-2-3-4 novembre 1974); spigolo Est - via ßettí.
Rupe di Arco: via
Barbara; via Sommadossi.
PREALPI TRENTINE - Soprasasso
Parete Est - via nuova
(11-12-13-14 aprile 1974).
CATINACCIO
Via Olimpia; Via
Vinatzer, parete ovest; Via Steger, parete est.
GRUPPO DI SELLA
Piz Ciavazes: spigolo Abram; via Micheluzzi; via Italia '61; via Irma;
via Pit Schubert; diedro Vinatzer.
2' Torre di Sella: via Messner.
MARMOLADA
Parete sud: via Vi
natzer-Castigl ioni.
PALE Di S. MARTINO
Cima Roda: via Graffer,
via nuova.
CIVETTA
Torre Venezia: via Tíssi,
parete sud; via Ratti, parete sud.
Torre Trieste: spigolo
Tissi; parete sud, via Carlesso; via Cassin.
Busazza: via
Gilberti-Castigl ioni, l' invernale (29-30-31 dicembre 1975 - 1
gennaio 1976); parete sud - via Da Roit.
Civetta: parete
nord-ovest - via Solieder.
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